La preparazione dell’ultima lezione della mattina successiva incombeva, al termine di una giornata già lunga, ma che in realtà non era ancora finita. E così dopo cena mi ero rassegnato come al solito a mettermi alla scrivania. Prima di farlo però, con il caffè in mano, mi sono appoggiato un attimo sul divano. Ho acceso la tv e per caso ho incrociato l’inizio di un film che non vedevo da almeno 20 anni: Notthing Hill, con Julia Roberts (Anna Scott) e uno Hugh Grant (William Tucker) giovane e…normale. Ecco, la normalità del suo protagonista maschile è forse il segreto di questo film e una serie di battute situazioni ed espressioni dell’inizio della pellicola mi hanno inchiodato al mio vecchio divano. Mi sono ritrovato a ridere diverse volte da solo, è stato gradevole, e ho messo facilmente da parte la non voglia di preparare la lezione del giorno successivo.
Notthing Hill racconta di una storia d’amore assai improbabile, quasi favolistica, tra un anonimo libraio londinese (con un matrimonio fallito alle spalle, un coinquilino sociopatico e una sgangherata gang di amici) e una star internazionale del cinema, in Europa per promuovere il suo ultimo film. È una commedia divertente e delicata, bella per le sue battute e per i personaggi caratteristici. Ma rivista con occhi un po’ più adulti può regalare qualcosa in più. Tra le tante scene che mi sono restate impresse quella sera, c’è n’è una in particolare.
Dopo che il loro amore ha subìto una battuta d’arresto forse decisiva, Anna se n’è andata, è tornata negli States, e Will cammina per il mercato del quartiere mentre si alternano le stagioni. I suoi passi sono accompagnati dalla voce calda e malinconica di Bill Withers: “Non c’è nessun raggio di sole quando lei se ne va, non c’è calore quando lei è lontana […] e questo luogo non è più casa, ogni volta che lei va via”.
Incrocia persone amiche o anche solo conosciute, ma il suo saluto è sempre soltanto accennato. Vede scene di felicità o di rabbia, momenti di vita quotidiana, coppie felici e coppie che litigano, ma la sua reazione è una maschera di velata malinconia. Will cammina incurante di tutto, indossando la giacca quando arriva la pioggia, le mani in tasca e i bottoni allacciati quando la neve gli sferza il volto, la toglie quando il sole fa capolino. Il suo cammino è un cammino senza una meta ideale, anche se una meta fisica c’è (il suo piccolo negozio di libri): ma a portarlo lì è solo la routine, il dovere. Non la passione (o almeno non più), non un progetto…e che vita è senza passione e sogni da realizzare?!
Ain’t no sunshine when she’s gone.
It’s not warm when she’s away […]
Ain’t no sunshine when she’s gone
and this house just ain’t no home
anytime she goes away.
Per mesi tra Anna e Will si interrompe ogni comunicazione, ogni contatto. Lei su qualche set in giro per il mondo, lui a vendere (pochi) libri di viaggi. Che cosa accade in quei mesi ai due protagonisti? Il regista ci racconta per accenni soltanto la vita di lui, ma i pensieri, gli stati d’animo, le azioni dell’uno e dell’altra restano celati agli spettatori e anche agli stessi Anna e Will. Perché a dominare è il silenzio.
Accade anche nella vita reale che tra due persone per qualche motivo cali il silenzio: per rancore, amore, pigrizia, per il bisogno momentaneo di stare lontani…un plexigass trasparente e invisibile che mettiamo tra noi e gli altri, ma che con il passare dei giorni diventa opaco, si sporca. Non ci permette più di vedere al di là, di sentire, percepire chi c’è dall’altra parte. Noi crediamo di comunicare qualcosa con il nostro non comunicare, ma il messaggio in realtà non arriva. Il silenzio non si può comprendere, si può solo interpretare, ma è un linguaggio ai limiti dell’indecifrabile. Cosa pensa chi sta “di là”? Come sta? Cosa fa come vive dov’è? Si domanderà le stesse cose di me? Tace perché lontano e freddo o perché soffre? Mi avrà perdonato?
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Il plexiglass, come fosse un acquario, contiene, blocca e affoga le parole mai pronunciate, che pure spingono per sfondare quella invisibile barriera, ma restano lì e si depositano sul fondale del mare del non detto. E laggiù, in mezzo ai relitti dei rimpianti, queste domande decadono, evaporano. Il plexiglass diventa muro e il ricordo di chi c’è dietro il muro svanisce per sempre.
Il plexiglass del silenzio affoga le parole mai pronunciate, che si depositano sul fondale del mare del non detto. […]
Il silenzio è palindromo: lo puoi prendere da ambo le parti, ma il suo suono sarà lo stesso.
Nessuno
Il silenzio è palindromo, un po’ come il nome della protagonista del film: lo puoi prendere da ambo le parti, ma il suo suono sarà sempre lo stesso. Nessuno. E così i suoi effetti: il nulla al posto della presenza. Un nulla all’inizio ingombrante, un nulla che si fa sentire, ma che poi diventa “nulla” e basta. E che ci allontana dalle persone, anche quelle speciali, senza che ce ne accorgiamo.
Poi può anche succedere che Anna Scott si ripresenti alla porta del timido Will Tucker e che questi la respinga, con dignità e istinto di autodifesa, rinunciando all’amore più incredibile che la vita potesse offrirgli. Ma questa del bivio è un’altra storia e un’altra lezione…
Per fortuna i titoli di coda di Notthing Hill portano il sorriso, ma di solito nella realtà non va a finire come nei film. Non ci sono star di Hollywood che si innamorano di comuni mortali e quando una persona se ne va difficilmente torna. Ma sognare la “favola” è nostro dovere, è nostro dovere lottare per il lieto fine come novelli don Chisciotte. Cercare la poesia nel quotidiano è sopravvivenza dell’anima.